Lo ha sancito la Cassazione con la sentenza n. 11216/21 depositata il 31 marzo dalla terza sezione penale. I Supremi Giudici hanno infatti stabilito che, in presenza di documenti mendaci e “di comodo” non vi sono motivi per ritenere che sono stati emessi o rilasciati nel posto in cui si trova la ditta, per cui, a decidere sulle fatture false è il giudice del luogo di accertamento del reato e non il tribunale dove ha sede l’ente emittente. Di guisa, la natura fittizia delle operazioni documentate nelle fatture oggetto di contestazione esclude di poter ritenere che il luogo di commissione del reato sia individuabile in quello della sede dell’ente emittente. Nel caso di specie, infatti, viene rigettato il ricorso fatto dall’amministratore di un’azienda contro il sequestro preventivo disposto sui suoi beni per alcuni reati di natura fiscale, tra cui l’emissione di fatture false. La questione principale riguardava la competenza del giudice chiamato a pronunciarsi sul caso che, secondo l’imputato doveva essere il tribunale dove aveva sede l’ente emittente le fatture, invece che il giudice del luogo di accertamento del reato. La Corte Suprema ha ravvisato invece, la competenza territoriale del Tribunale di Bari “quale luogo di accertamento del reato in applicazione dell’articolo 18, comma 1, Dlgs. N. 74/100, osservando che, risulta impossibile individuare il luogo di commissione del medesimo delitto, anche perché quest’ultimo non può ritenersi corrispondente a quello della sede dell’ente emittente le false fatture”. E ciò perché “la natura fittizia di tale ente si desume non solo dalle dichiarazioni rese dal legale rappresentante, ma, in ogni caso, dal mancato rinvenimento delle scritture contabili del consorzio, nonché dall’assenza di una qualsiasi organizzazione o di un’effettiva sede legale e operativa del medesimo”. Quindi posta l’inapplicabilità del criterio del luogo di commissione del reato di cui all’articolo 8 c.p.p., la totale natura fittizia delle operazioni documentate nelle fatture esclude di poter ritenere che il luogo di consumazione del reato sia individuabile in quello della sede dell’ente emittente.