La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11738/2021, pubblicata il 5 maggio 2021, ha chiarito i presupposti di appellabilità di una sentenza pronunciata dal giudice di pace secondo equità. Tale sentenza innanzitutto risulta soggetta ai limiti di appellabilità previsti dal terzo comma dall’art. 339 c.p.c. il quale dispone che esse “sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia”. I Supremi Giudici nel caso di specie, hanno chiarito quindi che, per stabilire se una sentenza del Giudice di Pace sia stata pronunciata secondo equità e quindi appellabile nei soli limiti di cui al 3° comma dell’art. 339 c.p.c., va considerato non già il contenuto della decisione, ma il valore della causa, da determinarsi applicando i principi di cui all’art. 10 c.p.c. e seguenti, e non il valore indicato dall’attore ai fini del pagamento del contributo unificato. Perciò, laddove l’attore abbia formulato dinanzi al giudice di pace una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro inferiore a millecento euro (limite dei giudizi di equità cd. necessaria ex art. 113, comma 2, c.p.c.) accompagnandola però con la richiesta della diversa ed eventuale “maggior somma che sarà ritenuta di giustizia”, la causa deve ritenersi di valore indeterminato, e la sentenza che la conclude è appellabile senza limiti prescritti dall’art. 339 c.p.c.