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Sentenza 5527/2024 Corte Cassazione

Per giurisprudenza consolidata, i delitti di incendio (art. 423 cod. pen.) e di danneggiamento seguito da incendio (art. 424 cod. pen.) si distinguono in relazione all’elemento soggettivo: nel primo vi è dolo generico, vale a dire la volontà di cagionare l’evento con fiamme che tendono a propagarsi in modo da creare un effettivo pericolo per la pubblica incolumità, mentre il secondo è caratterizzato dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui, senza la previsione che ne deriverà un incendio di vaste proporzioni.

Quando si associa, quindi, la coscienza e la volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni previste ex art. 423 cod. pen., è applicabile tale norma, mentre l’art. 424 cod. pen. è contemplato come evento che esula dall’intenzione dell’agente.

Occorre anche distinguere tra il concetto di fuoco e quello di incendio, poiché si determina l’incendio soltanto quando il fuoco divampi corposo, così da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone; il pericolo per la pubblica incolumità può essere costituito non solo dalle fiamme, ma anche dalle loro dirette conseguenze, che si pongono in rapporto di causa ad effetto con l’incendio stesso, senza soluzione di continuità.

Il giudizio sulla ricorrenza del pericolo di incendio va formulato sulla base di una prognosi postuma “ex ante”, rapportato quindi al momento in cui l’autore ha posto in essere la propria azione: ovvero, sulla valutazione delle circostanze concrete e non solo sull’ipotesi che il fuoco possa diventare una vera e propria calamità.