Richiamo alla Costituzione art.24
La figura dell’avvocato sta acquisendo sempre di più l’immagine di un ammortizzatore sociale di malesseri, e contro di lui si possono scagliare tutti coloro che ritengono di aver subito un ingiusto trattamento dal mondo della Giustizia o, peggio, quelli che vedono tradite le loro legittime aspettative giudiziarie.
Un po’ come quei vecchi giochi di tiro al bersaglio in cui un orso di metallo, colpito da un virtuale colpo di fucile, emetteva un gemito e cambiava direzione: andando incontro ad un’altra fucilata.
L’episodio specifico a cui ci riferiamo, fa capo alle ingiurie ed ai messaggi diffamanti nei confronti di un legale sui social, da parte di un individuo che riteneva di aver subito un ingiusto trattamento da parte degli agenti di un Commissariato della Polizia di Stato.
La colpa del legale sarebbe stata quella di ottemperare al suo mandato difensivo, depositando atti che scagionavano i comportamenti contestati.
La Cassazione, in linea generale, ha spesso ricordato che il “fatto ingiusto”, ex art. 599 Codice Penale, sussiste solo in riferimento a condotte che non trovino giustificazione in disposizioni normative o nelle regole del vivere civile.
Impossibile, quindi, catalogare in tale fattispecie, il fedele compimento del suo dovere professionale da parte di un difensore.
Si andrebbe, altrimenti, in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, che indica come diritto imprescindibile dell’imputato, quello di avere una giusta difesa, qualunque sia la natura dei reati contestati.