Sentenza 33855/2024 ,Corte Cassazione
La Suprema Corte si è pronunziata sul caso di un avvocato, condannato per esercizio abusivo di professione, per aver autenticato la firma su una querela durante un periodo di sospensione disciplinare.
Stabilito che il legale, sospeso per motivi disciplinari, può svolgere comunque alcune attività, senza incorrere in una condanna per detta fattispecie di reato.
Tra queste, ad esempio, può autenticare la firma su una querela ed altri atti che possono essere stilati anche da un notaio o da un pubblico ufficiale.
Di fatto, il reato di esercizio abusivo di una professione ex art.348 cod. pen., prevede il compimento senza titolo di atti che siano univocamente individuati come di competenza specifica di una professione, tali da creare le oggettive apparenze di attività, come svolta da soggetto regolarmente abilitato. (cfr.Sez. Unite 11545/2011)
Nel caso specifico, all’imputato si contestava solo un atto abusivo: ovvero l’autenticazione di una sola firma del querelante.
Si trattava, quindi, di un atto non esclusivo, ai sensi dell’art.39 disp. att. cod. proc. pen., che può essere effettuato oltre dal funzionario di cancelleria, anche da un notaio, dal sindaco o da un funzionario delegato dal sindaco, ed altri: dunque un solo atto non esclusivo.
In buona sostanza, si trattava di un’attività non esclusiva e posta in essere con modalità tali da non rivelare né una continuità e neppure l’esistenza di una minima organizzazione, finalizzata a creare un’apparenza di attività professionale svolta da soggetto non abilitato.
Annullata senza rinvio la sentenza di condanna, perché il fatto non sussiste.