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BABBO NATALE INDENNIZZATO COME VITTIMA DI INGIUSTA DETENZIONE!

Sentenza 10526/2021 Corte Cassazione

Ci sia consentita la segnalazione di un caso strano, legato al periodo festivo!

Non proprio lui, ma un signore vestito come Babbo Natale, con il caratteristico cappello rosso, venne arrestato per rapina aggravata e legge sulle armi.

Le prove a suo “carico” furono proprio il cappello da Babbo Natale, rinvenuto nella casa del cognato ed una conversazione ambientale effettuata nell’auto del cognato stesso, con riferimento generico alla rapina.

Non perché si trattasse di Babbo Natale, meritevole di un occhio di riguardo ma, in effetti, gli elementi forniti dell’accusa erano del tutto inconsistenti: di fatto dalla trascrizione della conversazione ambientale non si riscontro alcun riferimento alla rapina e le persone offese in sede di ricognizione fotografica non riconobbero il famoso “copricapo“!

Comunque tra cappelli rossi non riconosciuti e intercettazioni travisate il povero “Babbo Natale tarocco” trascorse 287 giorni tra carcere e domiciliari, prima di essere assolto per non aver commesso il fatto.

Ovviamente fu presentata domanda di risarcimento, con riconoscimento da parte della Corte di Appello, di un indennizzo ridotto, a titolo di ingiusta detenzione subita, in quanto la condotta processuale aveva avuto “incidenza ed aveva concorso all’errore del giudice”: quindi riconosciuta una “colpa lieve”!

Babbo Natale rimase incredulo e si rivolse alla Cassazione.

Ma la Suprema Corte respinse il suo ricorso rilevando che non basta professarsi innocente in sede di interrogatorio, ma è necessario fornire un alibi per il giorno della rapina.
Forse stava accudendo le renne, ma non ne fornì alcuna prova!

Quindi si può arrestare Babbo Natale sulla base di una conversazione travisata e di un cappello rosso, forse perché “da un uomo che può frustare delle piccole renne ci si può aspettare di tutto” (cit.)