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BANCAROTTA FRAUDOLENTA: NON BASTA LA PROVA DI PRELIEVI INGIUSTIFICATI DALLE CASSE DELLA SOCIETA’.

La quinta sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza 13059/21, accogliendo alcuni motivi del ricorso di un imprenditore responsabile di bancarotta patrimoniale per aver sottratto beni alla società con lo scopo di creare nocumento ai creditori e, per aver occultato le scritture contabili per ingiusto profitto, ha sancito che, non è sufficiente la prova dei prelievi immotivati dalla casse della società per condannare l’imprenditore, in particolare se le scritture contabili non qualificano le somme distratte come utili. La condanna per bancarotta scatta laddove il fallito utilizzi fondi della società per saldare debiti personali; nel caso in esame, l’assenza di scritture contabili non permette di qualificare le somme come utili, ma come distrazione di liquidità dalle casse dell’impresa individuale e, se l’imprenditore non è in grado di giustificare la destinazioni dei beni sottratti, se ne deduce che sono stati sottratti dolosamente. Pertanto, la Cassazione sostenendo la tesi secondo cui la prova della distrazione è fornita dall’assenza di una giustificazione, da parte dell’imprenditore, dello scopo dei prelievi dalla casse della società, ha affermato che l’onere della prova non spetta all’imputato ma, è possibile vincere tale presunzione con la prova della legittimità dello scopo dei prelievi dalle casse, in particolare in mancanza delle scritture contabili.