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C’È MODO E MODO DI MENTIRE IN UN PROCESSO!

Sentenza 7300/2024 Cassazione Penale

Questa sentenza della Suprema Corte ha chiarito le differenze che intercorrono tra il dolo proprio del delitto di depistaggio e quello di false dichiarazioni al PM.

L’art. 375, cod. pen., punisce il pubblico ufficiale che afferma il falso o nega il vero, al fine di ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale, ovvero tace, anche parzialmente, quanto a sua conoscenza sui fatti in merito ai quali viene sentito.

Come messo in evidenza, la previsione del nuovo art. 375 cod. pen., per come sostituito dall’art. 1, comma 1, L. n. 133 del 2016, trovava la sua ragione storica nella necessità di predisporre un’adeguata reazione ai gravi episodi depistanti, che avevano visto appartenenti alle istituzioni, (nel corso di importanti processi in materia di eversione dell’ordine costituzionale, terrorismo e materie affini), rendere dichiarazioni fuorvianti.

La questione che interessa la presente vicenda, costituisce ipotesi speciale di illecito penale rispetto al delitto di false informazioni al pubblico ministero o al ‘procuratore della Corte penale internazionale, dei quali condivide le modalità di consumazione, potendo anche essere integrato in occasione di sommarie informazioni dinanzi alla polizia giudiziaria.

L’aspetto specializzante emerge sia dalla qualità soggettiva dell’agente quale pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, che dall’intento doloso perseguito nel voler ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale.

In buona sostanza l’affermazione mendace deve presentare una idoneità a costituire, quantomeno, il rischio di ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale, a differenza dell’ipotesi prevista dall’art. 371-bis cod. pen. che si riferisce a false dichiarazioni rese al pubblico ministero: per di più è necessaria la consapevolezza che la dichiarazione mendace sia idonea a cagionare un grave pregiudizio per le indagini.