Sentenza 19954/2024 Corte Cassazione
“Logica e Legge“, spesso, non vanno d’accordo!
Lo conferma questa sentenza della Suprema Corte, che ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto del Giudice per le indagini preliminari, con ordine di restituzione del denaro in sequestro all’avente diritto.
Nel corso di un controllo della Guardia di Finanza, sotto la ruota di scorta di un’autovettura era stata trovata l’ingente somma di cui, il ricorrente, non era stato in grado di fornire giustificazioni di possesso: in conseguenza era stato incriminato di riciclaggio, ex art.648 bis c.p.
Di fatto, lo standard probatorio per dimostrare il “fumus del reato” su cui si fonda il provvedimento di sequestro preventivo, richiede una valutazione che non si limiti alla “mera postulazione” dell’esistenza, “ma sia diretta a rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostrino indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale”.
Risulta quindi necessaria una qualificata probabilità di responsabilità dell’indagato.
Il ricorrente ha evidenziato come il Tribunale non avesse evidenziato alcuna condotta tipica del delitto di riciclaggio, non potendo essere considerata tale quella del mero possesso del denaro, non idonea ad integrare l’attività diretta alla “sostituzione, al trasferimento, o ad altre operazioni” dirette a occultare la provenienza delittuosa dello stesso.
Insufficiente l’affermazione che le somme detenute e trasportate dall’indagato dovessero “necessariamente” essere provento di attività delittuose, potendosi in alternativa ipotizzare una serie di differenti causali.
Da qui l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonché del decreto del Giudice per le indagini preliminari, con ordine di restituzione del denaro in sequestro all’avente diritto: da dove provenissero quelle somme, resterà per sempre un mistero!