La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 3879 del 16 febbraio 2021, ha respinto il ricorso di un marito fermato dalle transazioni on line prodotte dalla moglie.
Il problema maggiore è quello di riuscire a fornire la prova del tradimento virtuale: Internet però lascia sempre qualche traccia e nella vicenda decisa, la Suprema Corte ha ritenuto pienamente valide le ricevute dei pagamenti fatti al sito ed alcune foto che documentavano la situazione. Non è stato quindi necessario dover dimostrare che ci fosse stata un’infedeltà conclamata o una relazione intrattenuta a livello fisico. Gli Ermellini hanno condiviso la decisione di addebitare la separazione all’uomo.
Nello specifico, la moglie aveva documentato in giudizio una molteplicità di elementi che hanno convinto i giudici di merito, perché rappresentavano validi indizi dell’avvenuta infedeltà: si trattava di sms, di fotografie e, soprattutto, di ricevute di «pagamenti per siti di incontri online con donne», quindi la Suprema Corte ha confermato questo assunto, «ritenendo dimostrati nei contorni essenziali i fatti rilevanti e non plausibile la versione degli accadimenti data dal ricorrente».