Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 3852 del 15 febbraio 2021, ha accolto il ricorso di una donna che si era vista dimezzare il contributo perché ritenuta ancora giovane ed abile al lavoro. I Supremi Giudici quindi, hanno ribaltato il verdetto, in quanto la Corte d’Appello non ha tenuto conto delle eventuali aspettative professionali dalla stessa sacrificate, per aver ella, cessato, ogni attività lavorativa in costanza di matrimonio. Quindi, secondo la Corte, la donna ha pienamente diritto ad un assegno di divorzio, intero, senza alcuna decurtazione, perché la stessa, ha sacrificato le proprie aspettative professionali per la famiglia e per favorire la carriera del marito. D’altronde, il riconoscimento del contributo è volto consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì, il raggiungimento di un livello reddituale adeguato al contributo fornito alla realizzazione della vita familiare, tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.