Lo ha sancito la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 16 aprile 2021 n. 10178, con la quale è stato accolto il ricorso di una donna che, dopo aver concluso il preliminare e versato 5 mila euro aveva visto andare in fumo la compravendita. I Supremi Giudici hanno chiarito innanzitutto che in caso di pattuizione di caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c., colui che adempie può da un lato recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di essa, determinando così l’estinzione di tutti gli effetti giuridici del contratto e dell’inadempimento di esso, dal momento che tale opzione permette di liquidare i danni preventivamente e convenzionalmente, oppure la parte adempiente può chiedere la risoluzione giudiziale del contratto ex artt. 1453,1455 c.c. e successivamente il risarcimento dei danni conseguenti, da provare però ai sensi dell’art. 1223 c.c. Nel caso di specie infatti, la donna, aveva optato per la risoluzione giudiziale perciò, è stato sottolineato che, la stessa, avesse tutto il diritto di ricevere indietro le somme versate a titolo di caparra, dato che ciò è considerato naturale effetto restitutorio della risoluzione.