Per configurare il reato di stalking la condotta del soggetto agente deve provocare nella vittima sentimenti di ansia perdurante, paura e timore per la propria incolumità o per quella delle persone care o indurre la stessa a cambiare le proprie abitudini di vita. Lo ha sancito la quinta sezione penale della Cassazione che, con la sentenza 15625/21.
Il reato di stalking, previsto dall’articolo 612-bis del Codice penale, punisce chi, con condotte reiterate, minacci o molesti una persona in modo da causare un continuo e grave stato di ansia o paura o un fondato timore per l’incolumità propria o dei suoi cari, tanto da farle cambiare routine.
La difesa si basava sul fatto che i comportamenti dell’uomo erano dettati solo dalla volontà di esercitare la potestà genitoriale nei confronti del figlio. Le insistenze erano solo per vedere il figlio. Per questo, secondo l’uomo, mancava la prova di uno degli eventi previsti dal delitto di stalking per la sua configurabilità. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile, in quanto le molestie che trascendono nel reato di atti persecutori sono quelle che cagionano uno stato d’ansia per la durata e carica lesiva nei confronti della vittima.