La scrittura privata e non registrata, non prova la disdetta del contratto di locazione. Questo documento non è in grado di dimostrare la risoluzione del rapporto contrattuale. Il risultato è che il proprietario dell’immobile dovrà continuare a dichiarare i canoni di locazione, anche se non percepiti e, se non lo fa, rischia un accertamento fiscale.
Lo ha affermato la Ctr Lazio con la sentenza n. 1124/21, depositata dalla quarta sezione: secondo i giudici tributari, la disdetta dell’affitto con scrittura privata non registrata non è una valida prova contro l’invito dell’Agenzia delle Entrate a pagare le imposte sulla locazione.
E’ stata respinta, così, la domanda della proprietaria di diversi appartamenti, raggiunta da un accertamento di rettifica del reddito, ricostruito con metodo sintetico. Per il giudice la contribuente, non ha fornito prova della disdetta del contratto di locazione, non potendo bastare la scrittura privata non registrata. Inoltre, non è stata presentata nessuna documentazione della contribuente che si era attivata presso la propria banca solo dopo la notifica dell’avviso di accertamento (quasi sei mesi dopo), per cui non si può nemmeno rinvenire «una causa di forza maggiore cui imputare il ritardo».
Pertanto, l’accordo di riduzione del canone di locazione può tranquillamente avvenire con scrittura privata non registrata. «In vigenza di un contratto di locazione, l’accordo tra le parti di addivenire alla riduzione del canone non è tra quegli atti per i quali il Testo unico dell’imposta di registro preveda la registrazione. Conseguentemente l’amministrazione finanziaria non può rideterminare un maggior reddito in capo al locatore ignorando l’accordo raggiunto con scrittura privata non registrata». Infine, il Collegio ha rigettato l’appello.