Corteggiare ossessivamente una donna, ignorando il totale disinteresse da lei manifestato, configura il reato di cui all’articolo 660 c.p. Questo è quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione V penale, con la 7993/21: per integrare tale reato basta l’atteggiamento di invadenza e di intromissione continua nella privacy altrui.
Il ricorrente è stato condannato “alla pena di tre mesi di arresto per il reato di molestie”, nella specie di un corteggiamento petulante, sgradito e molesto nei riguardi della persona offesa sul luogo di lavoro e al risarcimento del danno in favore della vittima.
Secondo il Palazzaccio, non è necessario superare la soglia della semplice impertinenza verbale o anche gestuale per affermare il reato di cui all’art 660 Cp. C’è soltanto bisogno di dimostrare un’effettiva intrusione nella sfera personale altrui che passa allo status di “molestia o disturbo”.
A parere della Suprema Corte, dunque, configura il reato di molestie un corteggiamento ossessivo e petulante, volto ad instaurare un rapporto comunicativo e confidenziale con la vittima, manifestamente a ciò contraria, mediante una condotta fastidiosa e pressante.