SENTENZA 25437 CORTE CASSAZIONE
Sancito che il reato di omessa custodia delle armi, si perfeziona per il solo fatto che l’agente non abbia adottato le cautele necessarie, volte ad impedire che uno dei soggetti indicati dalla norma riesca ad impossessarsene: a nulla rilevando che l’evento non si sia verificato.
La Suprema Corte ha rammentato che, ai fini dell’integrazione del reato di omessa custodia di armi, previsto dall’art. 20-bis, comma 2, della legge 18 aprile 1975, n. 110, è necessario che l’agente non abbia adottato le cautele volte ad impedire che minori incapaci, persone inesperte o tossicodipendenti possano fruirne. (cfr.Cass.20192/2018)
Ribadito il concetto che, trattandosi di “reato di pericolo e di mera condotta”, esso si perfeziona per il solo fatto che l’agente non abbia adottato l’ordinaria diligenza, indipendentemente dal fatto che una delle persone indicate dalla norma incriminatrice sia giunta o meno ad impossessarsi dell’arma o delle munizioni.
Nel caso specifico, la Corte Distrettuale si è attenuta a detti principi, ravvisando una situazione di fatto nell’abbandono e occultamento precario di esplosivi, collocati dietro alcuni cespugli, in un’area accessibile da chiunque.
I rilievi in fatto opposti dalla difesa non sono stati ritenuti esaustivi dai giudici di merito, in considerazione della vicinanza all’area in questione di civili abitazioni, con il conseguente pericolo per la pubblica incolumità.