Sentenza 27827/2024 Cassazione Penale
La morte dell’imputato, intervenuta prima della sentenza, ne determina l’inesistenza giuridica, in quanto la presenza in vita dello stesso è presupposto essenziale del processo.
“La tardiva conoscenza dell’evento morte, verificatasi nel corso del processo stesso, può esser considerata errore di fatto paragonabile a quello materiale, soggetto dunque al procedimento di correzione, anche nei gradi successivi del giudizio, in quanto la mancanza del soggetto nei cui confronti si esercita l’azione penale, determina l’inesistenza giuridica della sentenza, essendo estinto il reato per morte dell’imputato”.
Dunque, in tema di condizioni di procedibilità, il giudice penale ha l’obbligo di accertare lo stato in vita dell’imputato, quale presupposto essenziale.
Ne va di per se che tale obbligo non può tradursi in una costante attività di indagine ed in conseguenza, l’art. 625 bis, comma terzo, cod. proc. pen. prevede che l’errore materiale possa essere rilevato anche d’ufficio dalla Corte di Cassazione in ogni momento, con la conseguenza che l’ipotesi in questione prescinde dalle condizioni di legittimazione disciplinate dal citato articolo.
L’errore è rilevabile d’ufficio con il procedimento di correzione di cui alla vigente normativa, con conseguente revoca della sentenza senza rinvio.
Sul palcoscenico del processo, dunque, risulta necessaria la presenza di un insieme di coprotagonisti, e nessuno può venir meno: soprattutto l’imputato, che rimane il perno principale intorno a cui ruotano tutte le altre figure giuridiche!