Scatta la reintegra del manager per nullità virtuale: il licenziamento risulta contrario a norme imperative. È quanto emerge dall’ordinanza pubblicata il 26 febbraio dalla sezione terza lavoro del tribunale di Roma, gli interventi firmati da Michele De Luca e pubblicati rispettivamente il 25 settembre 2020 e il 18 febbraio scorso.
Il manager è stato licenziato per motivi oggettivi, di natura economica, in vigenza del divieto di licenziamento imposto dal Cura Italia e dal decreto Rilancio. La ratio del blocco risiede nella volontà del legislatore di evitare che le conseguenze economiche della pandemia possano tradursi nella soppressione di posti di lavoro. Un rischio generalizzato che non può non interessare anche la categoria dei dirigenti, per molti versi ancor più fragile rispetto agli altri lavoratori in ragione del diverso regime di licenziamento ad essi applicato, che si fonda sul principio della “giustificatezza”.
Il riferimento all’art. 3 della legge n. 604/66, infine, mira a delimitare non l’ambito soggettivo di applicazione del divieto, ma ad identificare la natura della ragione (giustificato motivo oggettivo o giustificatezza oggettiva per il dirigente) che non può essere posta a fondamento del recesso in quanto rientrante nel divieto.
Pertanto, il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità del licenziamento del manager per violazione di disposizione imperativa, ordinando alla società datrice di lavoro la reintegrazione nel posto di lavoro e condannandola al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.