Sentenza 41375/2023 Corte Cassazione
Il maggior numero di crimini, trova soluzione nell’opera investigativa della P.S. e, soprattutto, nelle migliaia di “occhi tecnologici” che coprono a tappeto quasi ogni angolo del territorio.
Ma è sufficiente un riconoscimento attuato dalla Polizia Giudiziaria, per condannare un soggetto, solo a seguito di riconoscimento di immagini telematiche, o è necessario che detto riconoscimento debba essere avvalorato anche dalla visione diretta da parte del giudice?
A questo quesito ha risposto la Suprema Corte, sancendo che l’individuazione dell’imputato effettuato da un operatore di Polizia Giudiziaria, mediante visione delle immagini di telecamere di sicurezza, costituisce “prova atipica”, sulla base della quale è ammissibile la testimonianza dell’operatore stesso.
La tesi difensiva tendeva a confutare detta circostanza, asserendo che dovesse essere necessario un esame diretto dei fotogrammi da parte del giudicante: detta tesi, secondo la Cassazione, non trova riscontri nella giurisprudenza di legittimità in quanto, il giudice del dibattimento non può operare direttamente un riconoscimento di persona, azione che influirebbe sull’adeguatezza dei criteri da lui adottati, nella valutazione della prova.