Le norme a tutela del consumatore si applicano anche all’imprenditore o al professionista che, nel concludere un contratto per soddisfare esigenze della vita quotidiana ed estranee all’attività lavorativa indica il numero di partita iva.
Lo ha affermato l’ordinanza 6578/21, pubblicata dalla terza sezione civile della Cassazione: anche il notaio va tutelato come consumatore. Non conta che abbia specificato la sua partita Iva nel contratto con cui ha preso in leasing l’auto di lusso: può dunque ottenere tutte le garanzie del codice del consumo, dal diritto di recesso alla disapplicazione automatica delle clausole vessatorie.
Il notaio chiede al Tribunale che venisse dichiarata la nullità o in subordine la risoluzione del contratto per <<gravissimi vizi>> dell’autovettura e per la violazione delle norme previste a pena di nullità dal Codice del Consumo (d.lgs. 206/2005), nonchè il risarcimento dei danni. La domanda veniva rigettata dal Tribunale e la sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di gravame interposto dal notaio. Secondo i giudici di appello «l’apposizione della partita IVA sul contratto rappresenta un indicatore evidente della circostanza che la parte è un operatore professionale e, dunque, non un consumatore, con la conseguenza che è impossibile applicare allo stesso i diritti di recesso o la disapplicazione automatica di clausole vessatorie prevista dal codice del consumo».
Trova però ingresso la censura che denuncia la violazione degli articoli 50 e 52 del codice del consumo. Sbaglia la Corte d’appello quando sostiene che la partita Iva riportata fra le generalità del notaio costituirebbe un «indicatore evidente» che il contraente è un operatore professionale. E che quindi bisognerebbe escludere tanto il diritto al recesso quando la disapplicazione automatica delle clausole vessatorie previsti dal decreto legislativo 206/05.
Il fatto che la persona fisica che firma il contratto con l’operatore commerciale abbia la qualifica di operatore professionale non significa che l’abbia concluso proprio nell’esercizio dell’attività lavorativa. Pertanto, la parola passa al giudice del rinvio.