Lo ha stabilito la prima sezione civile della Cassazione nell’ordinanza 2020/21 del 28 gennaio, con la quale è stato respinto sul punto il ricorso di un uomo. La Suprema Corte infatti, ha chiarito che, il genitore divorziato, non può invocare l’esistenza di un interesse morale al fine di ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento versato al figlio maggiorenne, ritenuto diseducativo perché sovrastimato rispetto alle reali esigenze del figlio e dannoso perché, a detta del genitore, sarebbe stato incapace di adeguarsi ad un diverso tenore di vita quando avrebbe trovato un lavoro che, probabilmente, non gli avrebbe garantito simili cifre. La Corte ha chiarito che il ricorrente può solo proporre un utilizzo alternativo della somma considerata giusta dal giudice nel suo ammontare.