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ERO CONNIVENTE: NON CONCORREVO!

Sentenza 25095/2024 Corte Cassazione

La sentenza presa in esame, marca i confini giuridici tra la connivenza, non punibile, ed il concorso nel delitto di detenzione di stupefacenti.

La Suprema Corte ha sottolineato che la distinzione va individuata nel fatto che, nella prima ipotesi, l’agente mantiene un comportamento meramente passivo, mentre nel concorso è richiesto un contributo nell’occultamento, custodia e controllo dello stupefacente, finalizzati ad evitare che venga rinvenuto e quindi a protrarne l’illegittima detenzione.

La giurisprudenza di legittimità, in buona sostanza, ha specificato che il comportamento, estrinsecato in maniera concreta, consapevole e volontaria, nell’occultamento, custodia e controllo della sostanza stupefacente, deve essere chiaramente finalizzato ad evitare che la stessa sia rinvenuta, non essendo per altro neanche sufficiente, la conoscenza della attuazione del reato da parte di altri.

Dunque, la sola presenza sul luogo del reato, rende punibile l’agente a titolo di concorso, solo qualora abbia partecipato o comunque facilitato la realizzazione del reato, essendo consapevole del proposito criminoso dell’esecutore.
La presenza sul luogo del reato, purché non meramente casuale, deve palesare una chiara adesione alla condotta dell’autore del fatto criminoso, adatta a fornire copertura all’azione illecita. (cfr.Cass. 34985/2015)

La sottile linea di confine tra i due comportamenti, determina una ben diversa trattabilità da un punto di vista giuridico e penale, nella volontà di non punire in maniera eccessiva, chi si trova soltanto ad assistere e non attui una volontà criminosa, che si manifesti con un concorso di colpa nella fattispecie di reato.