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FACCIA ATTENZIONE: LEI NON SA CHI SONO IO!

Sentenza 28223/2023 Corte Cassazione

Le frasi pronunciate nei confronti dei pubblici ufficiali durante lo svolgimento delle loro mansioni, sono alle volte molto originali e altre volte scontate, come: “Non sapete con chi avete a che fare” o simili.

La sentenza che commettiamo, ha preso in esame la frase “mi rivolgerò al giudice” e se la stessa possa assumere valenza intimidatrice, tale da coartare la libertà del pubblico agente nello svolgimento del suo servizio.

La Suprema Corte ha ritenuto che detta frase non ha alcuna capacità costrittiva della libertà di azione dell’agente pubblico: tanto più quando sia tale da non avere alcun riscontro effettivo con lo svolgersi dell’attività di servizio, perdendo ogni connotazione ritorsiva, e dunque minacciosa, anche soltanto implicita.

La Suprema Corte ha quindi escluso, nel caso specifico, il reato di cui all’art. 336 cod. pen. nella formulazione di un atto di citazione in cui si ipotizzava una responsabilità professionale a carico di un consulente tecnico del P.M., al fine di condizionarne la testimonianza in dibattimento.

Riguardo alle espressioni classiche: “vi faccio vedere io, non sapete con chi avete a che fare”, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che non integra il delitto di cui all’art. 336 cod. pen. la reazione genericamente minatoria del privato, espressione di sentimenti ostili non accompagnati dalla specifica prospettazione di un danno ingiusto, a meno che non sia sufficientemente concreta da risultare idonea a turbare il pubblico ufficiale nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali. (cfr.Cass.6164/2011)

La giurisprudenza, dunque, concede a chi viene sottoposto ad un’azione giudiziaria, il diritto di avere un piccolo “sfogo liberatorio“, a patto che non si esageri!