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L’uomo non può revocare il suo consenso dopo la fecondazione assistita

Flash per 28/07

Sentenza 161/2023 Corte Costituzionale

Era stata posta in discussione la norma che stabilisce l’irrevocabilità del consenso, da parte dell’uomo, dopo le pratiche di fecondazione assistita.
La Corte Costituzionale ha dato risposta definitiva sull’argomento, considerando infondata la questione sollevata dal Tribunale di Roma e ritenendo valido il bilanciamento operato dal legislatore, con la legge 40/2004. Tale legge prevede, di fatto, valida la richiesta di impianto degli embrioni crioconservati, anche a distanza di tempo e quando la coppia si è, di fatto, separata.
Nel caso preso in esame, il coniuge maschio aveva sollevato la questione di costituzionalità non ritenendosi obbligato ad una paternità, dopo la fine del rapporto matrimoniale.
La Corte ha riconosciuto che la norma si colloca al limite delle cosiddette “scelte tragiche”, che non possono mai soddisfare gli interessi di tutti i soggetti coinvolti.
Molto difficile, quindi, leggendo il problema da ottica maschile, non riconoscere una rottura della corrispondenza tra libertà e responsabilità.
La Corte ha però tenuto conto, essenzialmente, della salute fisica e psichica della madre, ed anche della dignità dell’embrione, riconoscendo lecita la scelta della donna, seppur costringendo l’uomo ad assumersi responsabilità opinabili.

Il legislatore, in buona sostanza, non può risolvere ogni problema.