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Sentenza 46097/2023 Cassazione Penale

Questa sentenza segue l’orientamento giurisprudenziale dettato dalle Sezioni Unite della Cassazione, a conferma che il reato di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza e minaccia alle persone”, ha una collocazione differente rispetto a quello di “estorsione”: i due illeciti si differenziano in relazione all’elemento psicologico di attuazione, che dovrà essere comunque accertato seguendo le ordinarie regole probatorie (cfr. Sez.Unite 29541/2020).

Specifica la Corte che, per quanto le due fattispecie non siano esattamente sovrapponibili, sono molto simili, pur seguendo percorsi ben diversi.

Nell’esercizio arbitrario, in buona sostanza, l’agente mette in atto un comportamento nella convinzione, non meramente astratta, di esercitare un proprio diritto, ovvero soddisfare in prima persona ciò che potrebbe essere perseguito anche con un’azione giudiziaria: nell’estorsione, al contrario, viene perseguito il conseguimento di un profitto, con la consapevolezza di porre in atto comportamenti “contra legem”.

La dottrina tradizionale considera l’estorsione un “delitto a dolo specifico”, essendo gestito nella coscienza di coartare un terzo al fine di conseguire un ingiusto profitto.

L’esercizio arbitrario può essere attuato anche con l’intervento di un agente diverso dal diretto interessato, che deve però sempre agire nel convincimento di occuparsi di un evento non illecito, ma derivante da una legittima aspettativa del richiedente.