Sentenza 32470/2024 Cassazione Penale
Per configurare il dolo specifico previsto dall’art. 375 cod. pen., il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio deve aver agito con l’intenzione di deviare l’indagine o il processo rispetto al corso in origine da essi assunto.
Va innanzitutto precisato che il depistaggio può avere ad oggetto, oltre al processo penale, anche un’indagine, come nel caso specifico: la sentenza di primo grado aveva inquadrato le condotte di falsità nella redazione dei verbali di sequestro da parte degli agenti, sia nel falso ideologico di cui all’art. 479 cod. pen., che nel depistaggio materiale.
Il Tribunale aveva, in particolare, inferito che la «artificiosa immutazione» potesse concernere anche “solo” la documentazione di un determinato stato, in modo da poterla impiegare come “elemento di prova”.
Al di là delle denunciate difficoltà relative all’inquadramento della falsa verbalizzazione nella tipicità oggettiva dell’art. 375 cod. pen., difetta, quindi, nel caso di specie, la tipicità soggettiva, avendo i ricorrenti agito “non con il dolo specifico di sviare le indagini dal corso già intrapreso ma, esattamente al contrario, per consolidare tale corso”.
La sentenza è stata quindi annullata perché il reato di frode in processo penale e depistaggio (art. 375 cod. pen.), di cui alla lett. b del capo di imputazione, non sussiste.
Sul piano della teoria del reato, il dolo specifico, pur indicando le finalità per cui il soggetto agisce, rappresenta un elemento specializzante che compare nella descrizione della fattispecie astratta.
Essendo stato il ricorso, per il resto, rigettato, ne è conseguita la declaratoria di irrevocabilità della responsabilità penale in ordine alle ipotesi di falso ideologico in atto pubblico (art. 479 cod. pen.)