Sentenza 17545/2024 Cassazione Penale
In tema di frode nell’esercizio del commercio, per la configurabilità del tentativo non è necessaria la sussistenza di una contrattazione finalizzata alla vendita: è, di fatto, sufficiente l’accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite
(cfr.Cass. 45916/2014).
La Suprema Corte ha sancito che, per configurare il tentativo di frode in commercio, è sufficuente la detenzione in magazzino di prodotti alimentari con false indicazioni di provenienza, anche se non destinati al consumatore finale.
Punita anche la fattispecie in cui il prodotto alimentare risultava confezionato in uno stabilimento diverso da quello indicato sulle etichette.
Esclusa la sussistenza del rapporto di specialità tra il delitto di cui all’art. 515 cod. pen. e la fattispecie, sanzionata solo amministrativamente, di cui all’art. 2, d.lgs. 27 gennaio 1992.
Dunque, anche la mera detenzione in magazzino di merce non rispondente ai crismi dovuti, risulta indicativa della successiva immissione nella rete distributiva di tali prodotti.
Punita le fattispecie di detenzione, all’interno di una cantina di un’azienda vinicola, di prodotto derivante da vitigni non conformi, dovendosi pacificamente riconoscere che la disposizione in esame tuteli tanto i consumatori quanto gli stessi commercianti.
Parimenti per quantitativi di olio di oliva con valori difformi da quelli prescritti dal regolamento comunitario, in cui si è ritenuto che il deposito dell’olio nel magazzino rappresenta un atto prodromico alla immissione nel circolo distributivo di un prodotto, che presenta caratteristiche diverse da quelle indicate.