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HO DIFFAMATO: MA SOLO CON POCHI AMICI!

Sentenza 42783/2024 Corte Cassazione

La Suprema Corte ha stabilito che non è configurabile l’aggravante del “mezzo di pubblicità” (art. 595 comma 3 c.p.) nel caso di diffusione di messaggio diffamatorio tramite Whatsapp, che è strumento di comunicazione “ristretto“, in quanto raggiunge esclusivamente i soggetti iscritti alla medesima chat.

Ne deriva la constatazione, nel caso commentato, della “assenza di detta circostanza aggravante e della conseguente improcedibilità per mancanza della richiesta di procedimento“, in quanto
la «particolare diffusività» del mezzo utilizzato non permette di raggiungere un numero cospicuo e indeterminato di persone.
Ciò avviene, in particolare, quando un contenuto lesivo viene reso «pubblico» su siti internet ad accesso libero.

La giurisprudenza della Corte di legittimità ha ritenuto che la pubblicazione di post lesivi sulla piattaforma social Facebook, integri l’aggravante del mezzo di pubblicità.
Per quanto concerne WhatsApp, invece, non è il numero di iscritti alla chat che ha rilevanza, ma la «conformazione tecnica» del mezzo, tesa a realizzare uno scambio di comunicazioni che resta riservato.

La diffusione del messaggio avviene, in un contesto informatico che “se da un lato consente la rapida divulgazione del testo dall’altro non determina la perdita di una essenziale connotazione di riservatezza della comunicazione, destinata ad un numero identificato e previamente accettato di persone“.

Annullata, quindi, senza rinvio la decisione impugnata, previa esclusione della circostanza aggravante, essendo il reato improcedibile “ab origine“.