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I PROFESSORI NON POSSONO ESSERE CONSIDERATI “MANODOPERA”!

Sentenza 43662/2024 Corte Cassazione

Il disposto dell’art. 603-bis, comma primo, n. 2, cod. pen. non trova applicazione, per quei prestatori d’opera che, “svolgendo attività di tipo intellettuale, esulano dalla categoria dei lavoratori manuali, impiegati in ambito agricolo, artigianale od industriale“.

In conseguenza la Suprema Corte non ha ritenuto configurabile il delitto in relazione alla condotta del Presidente del Consiglio di Amministrazione di una cooperativa, che erogava attività di istruzione secondaria il quale, “approfittando del loro stato di bisogno, costringeva i docenti a restituire la retribuzione ricevuta ovvero a lavorare sottopagati“.

Occorre soffermarsi sulla genesi della norma del citato articolo, che è nato come risposta al fenomeno del “caporalato agricolo” soprattutto nelle campagne meridionali.

È opportuno ricordare che tale attenzione all’esigenza di reprimere il fenomeno nel mercato del lavoro dei braccianti agricoli, si esprimeva solo sulla fattispecie specifica dell’intermediazione illecita di quel settore, (art.1, L.199/2016) e si riferiva a chi “utilizzava, assumeva o impiegava manodopera, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”.

In conseguenza, è illegittimo ipotizzare che la norma possa essere estesa per punire fattispecie originariamente non contemplate dal legislatore.
Ostano la collocazione della disposizione ed il testo stesso della norma che si riferisce al reclutamento o all’utilizzazione di ‘manodopera’, termine semanticamente legato alla manualità e generalmente alla prestazione di lavoro privo di qualificazione.

Il concetto non può essere assimilato al lavoro intellettuale, anche se esercitato in forma subordinata, poiché “l’intelletto ed il suo uso costituiscono elemento identitario ed individualizzante che non può essere svilito, disperdendolo nella categoria generica della manodopera“.