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IL BRACCIALETTO FUNZIONAVA: ERO IO CHE DORMIVO BEATAMENTE!

Sentenza 4234/2024 Corte Cassazione
(Approfondimento legale)

La tecnologia prevale sul controllo in loco, se non risultano accertati problemi tecnici o manipolativi al braccialetto elettronico“.

Così ha disposto la Suprema Corte, sancendo che deve essere cassata con rinvio l’ordinanza del Tribunale che aveva rigettato l’appello proposto dall’indagato, contro il provvedimento del giudice monocratico.
Tale provvedimento aveva disposto la sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico con quella della custodia in carcere, a causa dell’esito negativo del controllo degli agenti presso l’abitazione dell’interessato: gli agenti avevano riscontrato l’assenza dello stesso, in mancanza di risposta alle numerose chiamate con il citofono di casa e con il campanello della porta.
Da ciò avevano dedotto che, il mancato segnale d’allarme del dispositivo di controllo a distanza, non poteva che dipendere da una manomissione, pur in assenza di accertamenti specifici.

A seguito del ricorso censurata l’ordinanza, poiché il Tribunale aveva ignorato il fatto che, all’esito negativo del controllo presso l’abitazione, la centrale operativa aveva escluso che il dispositivo fosse in allarme, ritenendo altresì il giudicante inverosimile la spiegazione del ricorrente, secondo cui non aveva sentito il suono del campanello e del citofono perché stava dormendo.

Il dispositivo, quindi, non era risultato in allarme, ma il Tribunale aveva ritenuto la questione priva di “rilievo determinante, dovendosi ritenere, allo stato attuale degli atti, che ciò sia accaduto, all’evidenza, a causa di un malfunzionamento tecnico“.

La Suprema Corte ha fatto propri i rilievi difensivi, risultando evidente il carattere apodittico di tale passaggio argomentativo, strutturato in maniera meramente congetturale ed accolto in termini di “evidenza“, mancando accertamenti sul dispositivo, idonei a comprovare l’esistenza di un problema tecnico o di interventi manipolativi.

Tale lacuna motivazionale non può dirsi in alcun modo colmabile con il richiamo del Tribunale alle pregresse condotte negative del condannato, (che avevano determinato la progressiva sostituzione, in senso via via più restrittivo, delle misure applicate).
Elementi di sicuro rilievo nel complessivo apprezzamento delle esigenze di cautela, ma del tutto estranei all’ambito valutativo, circoscritto alla verifica della effettiva sussistenza di una violazione della misura degli arresti domiciliari.

Riconosciuta, quindi, la rilevanza di un “sonno pesante“, con conseguente annullamento dell’impugnata ordinanza!