Lo ha sancito la Cassazione con la sentenza n. 21726/21, depositata il 3 giugno dalla quinta sezione penale. Nel caso di specie, una donna, cassiera di un supermercato, si è appropriata di parte dell’incasso, circa 600 euro, grazie ad un problema nel software della cassa che le ha consentito di non far apparire i pagamenti effettuati dei clienti come incassati. Il Tribunale ha però, rigettato la richiesta di arresto della donna, perché per il giudice il fatto non risultava così grave da essere inquadrato come furto aggravato, ma anzi al contrario, data l’esiguità della somma intascata e la volontaria restituzione della stessa, la fattispecie doveva essere inquadrata in un reato diverso. Il procuratore ha dunque, proposto ricorso contro l’ordinanza del Tribunale che rigettava la richiesta di arresto, ricorso che è stato ugualmente respinto dalla Suprema Corte. I Supremi Giudici infatti, hanno appoggiato la decisione del Tribunale chiarendo che, chi all’interno di un supermercato svolge la mansione di cassiere con l’incarico di effettuare le operazioni di chiusura e di consegnare il denaro dell’incasso alla direzione ben può detenere le somme per il tempo utile allo svolgimento dei detti compiti. Dunque se risulti da comportamenti univoci la volontà di tenere il denaro come proprio, viene a configurarsi il reato di appropriazione indebita e non di furto aggravato.