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Il datore deve trovare un altro posto in azienda per il lavoratore non più idoneo alla sua mansione.

Quando le condizioni di salute del dipendente mutano, è il dipendente stesso che deve informarne immediatamente l’azienda, pena la perdita del diritto al risarcimento in caso di malattia professionale. Il datore, a sua volta, ha l’obbligo di spostarlo di reparto, ma solo ove ciò sia possibile, altrimenti il rapporto di lavoro può essere sciolto. Il licenziato torna in servizio con tante scuse e soldi, grazie all’articolo 18 dello statuto lavoratori, non idoneo fisicamente alle mansioni svolte in precedenza.  L’onere della prova costituito a carico del datore non è soltanto quello previsto per l’obbligo di repêchage: l’azienda in aggiunta deve dimostrare di aver cercato soluzioni alternative per evitare il recesso. È quanto emerge dalla sentenza 6497/21, pubblicata il 9 marzo dalla sezione lavoro della Cassazione. Il lavoratore, dunque, divenuto inidoneo potrebbe essere reimpiegato come controllore in affiancamento ad un collega. Il punto è che l’azienda si limita ad affermare che è impossibile ripescare il licenziato sulla base degli «usuali e statici» criteri previsti in tema di giustificato motivo oggettivo per soppressione delle mansioni. L’azienda, pertanto, deve dimostrare che è impossibile ritagliare un posto in azienda al disabile perché sarebbe troppo oneroso.