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Il divieto di porre domande suggestive al testimone è valido sia per il giudice e il suo ausiliario, sia per le parti.

Lo ha stabilito la terza sezione penale della Cassazione nella sentenza 8500/21, nella quale viene chiarito che, soprattutto quando la persona offesa è un minore, come nel caso di specie, bisogna garantire quesiti pertinenti, risposte genuine e contestazioni corrette, e lo stop scatta se il metodo scorretto impedisce di valutare il materiale. Tale principio vale per tutti i soggetti che intervengono nell’esame, sia il giudice, sia il suo ausiliario quindi, devono assicurare la genuinità delle risposte in base all’art. 499 c.p.p., e dunque, la domanda a trabocchetto compromette la genuinità del materiale soltanto se destruttura l’esame del teste nel suo complesso. Inoltre, viene stabilito che, risponde del reato di violenza sessuale compiuta da terzi sul minore il genitore che è consapevole degli abusi ma ne consente il protrarsi e, nel caso di specie, l’imputata era pienamente in grado di rendersi conto degli abusi e di porre in essere l’azione per impedirlo perché il compagno aveva imposto alla donna di dormire con l’altra figlia mentre lui sta in camera da letto con quella più grande, oggetto delle sue attenzioni morbose. Quindi, l’omissione integra il concorso nel reato di atti sessuali con minorenne commesso dall’uomo.