Sentenza 25364/2023 Corte Cassazione
Inutile invocare la situazione critica degli uffici di giustizia, per giustificare il ritardo nel deposito di sentenze o atti giudiziari: come aveva fatto un magistrato del Tribunale di Tempio Pausania, accumulando ritardi nel deposito di ben 388 decreti penali di condanna e facendo trascorrere più di un anno dalla loro ricezione.
Il magistrato aveva asserito che la responsabilità non era la sua, ma addebitabile alle sfavorevoli condizioni di lavoro in cui era costretto ad operare ed alla mancanza di personale giudiziario.
Pur riconoscendo, La Suprema Corte, l’effettivo “stato di criticità” di quegli uffici, (ascoltando anche testimoni terzi), non ha ritenuto valida la scusante, condannando quindi i ritardi “mai giustificabili”, soprattutto se riferiti a decreti penali, provvedimenti semplificati che non necessitano di particolare impegno di tempo per essere attuati.
Per il nostro giudice ritardatario, quindi, inutile “piangere miseria” per scrollarsi di dosso le proprie responsabilità, invece evidenziate dalla Corte, come specifica carenza nella gestione e nell’adempimento dei suoi doveri d’ufficio.