Sentenza 44610/2023 Corte Cassazione
Con tutto il dovuto rispetto per i “predatori autentici”, che agiscono solo per pulsioni naturali e di specie, ne esistono altri che, invece, attuano la loro bieca attività, andando contro tutti quelli che dovrebbero essere i dettami del rispetto per i propri simili: coinvolgendo spesso anche i loro “piccoli”, nel compimento delle malefatte.
È il caso preso in esame dalla sentenza che commentiamo, riferita alla circostanza aggravante prevista dall’art.112 codice penale, che contempla l’evenienza in cui, un maggiorenne, abbia coinvolto anche minori nella commissione del reato.
La difesa del “predatore adulto” in questo caso, tendeva a sminuire l’attività svolta dai “cuccioli”, per poter eliminare l’aggravante contestata.
La Corte, però, ha ritenuto valide le motivazioni dei giudici di merito, che avevano giustamente valutato l’utilizzo dei minori nel compiere il reato: adoperati per prendere contatti e consegnare agli acquirenti le sostanze stupefacenti.
Asseriva la difesa che vi era solo una strumentalizzazione, ma non una concorrenza nel reato.
La Suprema corte ha, invece, confermato che l’aggravante si configura allorquando esista un concorso di minori, “con qualsiasi forma di utilizzo”, in quanto la vulnerabilità di detti soggetti, in ragione della loro età, determina negli stessi una ridotta consapevolezza del danno sociale e del contributo realmente fornito all’esecuzione del fatto criminoso. (Sulla stessa linea la sentenza Cass. 44896/2018 ed il D.P.R. 309/1990, in tema di stupefacenti).