La seconda sezione penale della Cassazione con la sentenza 11968/21 del 29 marzo ha respinto il ricorso di una società stabilendo che è attuabile il sequestro ex art. 231 del patrimonio della società anche per la quota che eccede il profitto dell’ente, perché, il principio solidaristico infatti, consente di imputare l’azione a ciascuno dei concorrenti per l’intera entità. Secondo la ricorrente, invece, il principio solidaristico non potrebbe implicare l’indiscriminata parificazione tra le posizioni dei concorrenti in conseguenza della necessità di valutare il carattere di proporzionalità sia della misura cautelare che della pena. In caso contrario si potrebbe giungere al risultato paradossale di poter confiscare l’intero ammontare del profitto a un soggetto che pacificamente non lo abbia mai percepito. La Cassazione però, non è stata dello stesso avviso, infatti, ha ricordato che nel caso di illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che prevede l’imputazione dell’intera azione in capo a ciascun concorrente e perciò, la sua confisca e il sequestro preventivo a essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti per l’intera entità del profitto accertato. Nel caso di specie, la società risulta essere stata strumento per la realizzazione dell’operazione truffaldina e la somma esorbitante il profitto conseguito dalla stessa costituisce ” bene di cui la società ha avuto comunque la disponibilità per un valore corrispondente a quello del profitto complessivamente conseguito da tutti i correi costituente il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato”.