Sentenza 13767/2024 Cassazione Penale
I fatti alla base della sentenza, nascono da una complessa indagine avviata dalle dichiarazioni di ristoratori, titolari di enoteche o esportatori di vino, che avevano segnalato di aver acquistato vino pregiato che, in realtà, si era rivelato prodotto diverso.
Secondo l’ipotesi accusatoria, esisteva una struttura associativa organizzata (contestata sub specie art. 416 cod. pen.) la cui attività consisteva nell’acquistare vino di scarsa qualità, aggiungere alcool, imbottigliarlo e metterlo in vendita in modo che apparisse essere un vino di pregio: falsificando le fascette, le relative indicazioni geografiche e le denominazioni di origine, nonché i relativi marchi e il contrassegno ministeriale previsto per i vini DOC e DOCG (artt. 473, 517-quater e 469 cod. pen.).
La difesa del ricorrente ha ritenuto sussistere un rapporto di specialità tra la generale disciplina codicistica (art. 516 cod. pen.), dettata per tutte le sostanze alimentari, e la normativa speciale in materia di sofisticazione dei vini, sollecitando la sola sanzione amministrativa.
Questo è consentito quando la condotta descritta dall’art. 516 cod. pen., prescinde da ogni attività di adulterazione del prodotto e attiene alla sola fase della commercializzazione. Si tratta, quindi, di due fattispecie differenti, che hanno in comune solo l’oggetto materiale del reato.
In questo caso, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa, alcun rapporto di specialità può prospettarsi tra le due norme, ciascuna con un proprio spazio di applicazione.