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INTERCETTAZIONI TELEFONICHE: CROCE E DELIZIA DI UN PROCESSO PENALE

Sentenza 39154/2023 Cassazione Penale

La vita delle indagini giudiziarie degli ultimi anni, anche e soprattutto in riferimento ai reati più mediaticamente noti, hanno evidenziato come, le intercettazioni telefoniche, appaiano essere al contempo “croce e delizia” di un procedimento penale: ovviamente croce per chi da esse subisce un nocumento, e delizia per gli inquirenti che, al contrario, ne traggono possibilità incriminatorie.

Ovviamente, l’attività difensiva quasi sempre tende a demolire la utilizzabilità probatoria delle intercettazioni effettuate.

È principio ormai consolidato che, a pena di inammissibilità, il ricorrente debba indicare chiaramente quali siano le intercettazioni secondo lui inutilizzabili e l’importanza delle stesse, ai fini della decisione finale. A tale scopo viene posta in essere la cosiddetta “prova di resistenza” che serve, in buona sostanza, ad evidenziare se la motivazione di un pronunciamento “resti in piedi”, nonostante l’eliminazione dell’elemento viziato.

In conseguenza, seppur fondato, il ricorso che tende all’eliminazione di intercettazioni contestate va rigettato, se la “prova di resistenza” ne evidenzia la scarsa rilevanza.

Tutto ciò per evitare che, in conseguenza di tale eliminazione, vengano perse anche conversazioni successive e collegate, che invece hanno elevato valore probatorio.