La seconda sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza 13787/21 ha sancito che, la registrazione del colloquio è in grado di incastrare gli estorsori anche in assenza di autorizzazione della polizia, laddove siano proprio gli agenti a fornire alla vittima la cimice contenente la conversazione e, siano pronti sul posto ad arrestare i responsabili. Infatti, il file contenente la registrazione delle voci, non può essere considerato un atto di indagine ex art. 266 c.p.c., escludendone l’assimilazione alle intercettazioni in quanto, la captazione delle voci è stata effettuata di nascosto e da chi partecipa al colloquio ma, è solo “la memorizzazione fonica di un fatto storico”. Nel caso in esame, non può essere accolta la teoria secondo cui, sarebbe necessario il decreto motivo del pm per autorizzare la registrazione di una conversazione effettuata dalla stessa persona offesa in virtù degli strumenti forniti dagli agenti di polizia. La Corte di Cassazione, invece, avvalorando la definizione di intercettazione processuale come mezzo di ricerca della prova, fa rientrare in tale categoria anche l’intercettazione effettuata da soggetti terzi rispetto ai soggetti che partecipano al colloquio e con strumenti idonei a vanificare la privacy delle conversazioni, escludendo l’intercettazione realizzata dai partecipanti suppur clandestinamente.