Ordinanza 21260/2023 Corte Cassazione
La profonda conoscenza latina del diritto, affermava che “in claris non fit interpretatio”: ovvero che un testo chiaro non ha bisogno di essere interpretato.
La Corte di Cassazione si pone invece su un binario diverso, fornendo le linee guida per una corretta interpretazione ermeneutica del contratto.
Innanzitutto, chiarito che tale attività è riservata solo al giudice di merito: in sede di legittimità possono essere censurati solo vizi di motivazione o violazioni dei canoni di ermeneutica.
Altresì precisato che, l’importanza prioritaria dell’elemento letterale, non deve essere intesa in senso assoluto: il disposto dell’articolo 1362 Codice Civile, prevede infatti la necessità di ampliare l’indagine a criteri logici e sistematici, anche dove il testo contrattuale appaia chiaro.
Il valore testuale non può essere ritenuto decisivo per decifrare l’autentica volontà delle parti: è necessario anche un processo interpretativo, che deve considerare gli elementi extra testuali.
Ne consegue che, una giusta interpretazione del contratto, prevede la ricostruzione della effettiva volontà delle parti, contestualizzata con l’esposizione letterale dello stesso.