Sentenza 50435/2023 Corte Cassazione
La pronunzia che commentiamo, ha affrontato il “tema dell’omissione di soccorso” ed ha ritenuto conforme la decisione dei giudici di merito, in riferimento alla condanna di un passeggero che si era limitato a chiedere al conducente di fermare il veicolo, dopo un incidente e, ricevuta risposta negativa, non aveva attivato le autorità sanitarie e di polizia.
La linea difensiva asseriva che il ricorrente non aveva potuto assicurare un comportamento risolutivo, essendo solo un passeggero: in buona sostanza per una situazione di forza maggiore, consistente nel costringimento fisico previsto dall’art.46 c.p.
La Suprema Corte però, pur riconoscendo una “forza maggiore” in riferimento all’impossibilità di poter intervenire e soccorrere direttamente, (per l’opposizione del conducente ad arrestarsi presso la vittima), non l’ha riscontrata nel fatto di aver rinunciato, esso ricorrente, a provvedere altrimenti ai doveri di soccorso, anche anonimamente, contattando le autorità sanitarie e di polizia.
In vero, l’esimente dell’art.46 c.p. sussiste in tutte le ipotesi in cui l’agente abbia fatto “quanto era in suo potere” per uniformarsi alla legge.
Il costringimento fisico si caratterizza come violenza individuabile nella condotta di un altro uomo, e deve consistere in una forza assoluta, non contrastabile, che annulli la volontà impedendo qualsiasi scelta a chi la subisce.
Nel caso in esame, non si era attivata una situazione di costringimento fisico, intesa come “vis absoluta” proveniente dal conducente dell’autovettura, tale da impedirgli di prestare il soccorso imposto dalla norma.
Né per altro, nel caso di specie, si erano riscontrati i presupposti per l’applicazione dell’art. 54 c.p., che regola casi di coazione relativa, avendo l’agente mantenuto una possibilità di scelta.
Ne è conseguita, pertanto, la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.