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LA CONSULTA E LA IRRETROATTIVITÀ: ANCHE AL DI LÀ DEL PROCESSO PENALE

Sentenza 4/2024 Corte Costituzionale (Approfondimento legale)

Commentiamo una delle prime sentenze del nuovo anno della Corte Costituzionale, che si è pronunziata per dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, intervenuto in via retroattiva per escludere l’operatività di maggiorazioni alla retribuzione individuale di anzianità ad alcuni dipendenti pubblici, a fronte di un orientamento giurisprudenziale che sta invece riconoscendo, a tali dipendenti, il diritto ad ottenere il menzionato beneficio economico dalle amministrazioni di appartenenza.

La Corte ha innanzitutto chiarito
come sia ancor più necessario uno stringente controllo di costituzionalità, in via retroattiva, laddove intervenga su valutazioni ancora in corso, soprattutto quando è coinvolta la Pubblica Amministrazione.

Di fatto, è preclusa al legislatore l’ipotesi di poter determinare, col suo intervento, uno sbilanciamento tra le posizioni interessate ad un giudizio in itinere.

Al fine di verificare se l’intervento legislativo retroattivo sia effettivamente a rischio di condizionare l’esito di giudizi pendenti, l’operatività della Corte deve intervenire, in piena sintonia con la giurisprudenza della Corte EDU, per assicurare un corretto controllo sull’uso del “potere legislativo”, soprattutto in riferimento alle tempistiche ed alle modalità delle pronunzie.

La retroattività nel diritto amministrativo non è mai stata particolarmente dibattuta.

In dottrina si evidenzia la regola generale, ossia che la legge decorre dal momento del perfezionamento dell’atto, (art.11 prelegi del Codice Civile): non da meno però la retroattività richiede pur sempre un’applicazione concreta ed una scelta della pubblica amministrazione che emana un atto.