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Sentenza 86/2024 Corte Costituzionale

La Corte ha evidenziato l’estensione del principio di uguaglianza, nel trattamento sanzionatorio della rapina e dell’estorsione, in riferimento all’irrogazione di sanzioni sproporzionate, rispetto alla gravità concreta del reato

Con la sentenza commentata, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 628, secondo comma, del Codice Penale, “nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata per la rapina impropria, è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità“.

In conseguenza, dichiarata anche l’illegittimità costituzionale del primo comma dell’art. 628, relativo alla rapina propria, nella parte in cui non prevede la medesima attenuante.

Il fatto specifico prendeva in esame la condanna subita da due derelitti, che avevano trafugato alcuni alimenti in un supermercato, reagendo al tentativo di fermo del personale di controllo.

La Corte ha osservato che, in alcune fattispecie, il minimo edittale di pena detentiva per la rapina (sia propria che impropria), dal legislatore innalzato a cinque anni di reclusione, può costringere il giudice a irrogare una sanzione sproporzionata:
ritenuta opportuna, quindi, l’introduzione di una diminuente ad effetto comune, fino ad un terzo, quale “valvola di sicurezza” per i fatti di lieve entità.

La decisione segue quella già presa in merito all’estorsione, reato caratterizzato anch’esso dall’elevato minimo edittale e riferita a condotte con ridotto impatto personale e patrimoniale.

Particolare attenzione, quindi, ai principi di individualizzazione e finalità rieducativa della pena, contrari all’irrogazione di sanzioni sproporzionate rispetto alla gravità concreta del fatto di reato.