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La notifica via Pec della sentenza è valida anche se il messaggio non ha le indicazioni prescritte dalla legge.

Lo ha stabilito la sesta sezione civile della Cassazione nell’ordinanza 37527/21 pubblicata il 30 novembre. Nel caso di specie è risultata inammissibile la richiesta di una lavoratrice contro la pronuncia del tribunale che aveva respinto la domanda di pagamento per differenze retributive nei confronti di una società posta in liquidazione. Ciò, perché l’appello proposto, risultava tardivo in quanto il termine decorreva dalla notifica via Pec della sentenza di primo grado effettuata dalla società in questione al procuratore della lavoratrice. I Supremi Giudici infatti, hanno chiarito che, la notifica della sentenza di primo grado fa scattare il termine breve per impugnare e ciò avviene anche se il messaggio di posta elettronica certificata risulti privo delle indicazioni previste dalla legge 53/1994 art. 3, così come modificata dal decreto sviluppo bis. Sostanzialmente la Suprema Corte ha sostenuto che il messaggio via Pec, nonostante privo delle indicazioni richieste dalla legge, ha comunque raggiunto il suo scopo, ovvero la conoscenza dell’atto. L’irritualità dell’invio non ne comporta la nullità, proprio perché ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto.