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La violazione del coprifuoco per il contenimento della pandemia non basta per sostituire i domiciliari con il carcere.

Lo ha sancito la sesta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 19121/21, depositata il 14 maggio, con la quale è stato accolto il ricorso di un uomo chiamato a rispondere di diversi reati. Nel caso di specie, l’uomo, al momento del controllo della polizia giudiziaria era risultato assente e dunque, il tribunale del riesame, aveva confermato l’ordinanza con cui il giudice d’appello disponeva l’aggravamento dei domiciliari, sostituendo la misura con la custodia in carcere proprio perché l’uomo aveva violato l’obbligo di permanenza nel domicilio e nel cuore della notte si era allontanato da casa. Risultava dunque, non credibile che l’uomo non avesse sentito il citofono al momento del controllo e che di contro, risultava palese che avesse violato le misure di contenimento legate alla pandemia. La Suprema Corte però, ha ritenuto il ricorso dell’uomo fondato perché il giudice è tenuto a spiegare perché l’allontanamento dal domicilio durante l’orario notturno, violando le restrizioni per contenere il contagio, rende più severo il provvedimento. Non vengono specificate infatti, le ragioni dell’aggravamento della misura, posto che le misure restrittive per il contenimento della pandemia, e dunque il coprifuoco, hanno tutt’altra finalità rispetto alle esigenze di prevenzione per cui è stato disposto il provvedimento cautelare.