Ordinanza 36277/2023 Corte Cassazione (Approfondimento legale)
La Corte, con l’ordinanza presa in esame, ha dichiarato infondato il ricorso promosso dall’ex amministratore di un condominio avverso la sentenza di secondo grado, che lo aveva condannato a versare una somma a titolo di risarcimento dei danni, conseguenti alla mancata azione ingiuntiva di pagamento, nei confronti di un condomino moroso.
La decisione, ribaltata in sede di gravame con l’accoglimento dell’appello incidentale del condominio, riconosceva l’evidente inadempimento dell’amministratore.
La Corte ha ritenuto infondato il motivo di impugnativa dal momento che, il comportamento negligente del rappresentante condominiale, aveva impedito, in via definitiva, il recupero del credito vantato dal condominio, producendo grave nocumento allo stesso.
Il motivo della decisione è presto detto: uno stato di morosità in ambito condominiale non è ammissibile, poiché la sofferenza della cassa comune impedisce la gestione finanziaria dell’ente amministrato.
Tutto ciò trova conferma nell’art. 1129, comma 9, c.c., il quale stabilisce che l’amministratore è “… tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito è esigibile…”, salvo una espressa dispensa da parte dell’assemblea.
Da ultimo, deve essere preso in considerazione l’art.1131 c.c., che disciplina la rappresentanza in ambito condominiale e che detta i limiti della legittimazione attiva in capo all’amministratore alle attribuzioni stabilite dall’art.1130 c.c. o ai maggiori poteri a lui conferiti dall’assemblea.