Sentenza 49256/2023 Cassazione Penale
Di recente la cronaca mediatica si è interessata ed ha dato clamore, alla notizia di un detenuto, condannato a lunga pena detentiva per omicidio volontario che, dopo solo qualche anno di carcerazione, ha ottenuto la pena alternativa degli arresti domiciliari perché, in tale lasso di tempo, era ingrassato di circa kg.50 (diventando obeso a rischio), e perché fumava oltre 100 sigarette al giorno: cosa che metteva a grave rischio la sua salute.
Orbene la giurisprudenza di legittimità, in riferimento all’incidenza di precarie condizioni di salute “autoprodotte”, ha sempre ritenuto irrilevante tale situazione, in riferimento alla richiesta del detenuto di differimento della pena o applicazione di misure alternative: tale richiesta deve essere sottoposta alla positiva valutazione degli organi giudicanti (cfr. Cass. 46730/2011 – 7369/22).
Anche il rifiuto del condannato, affetto da grave infermità fisica (anche se non autoprodotta), di sottoporsi al ricovero in un reparto detentivo dotato di valida struttura sanitaria, crea fattore ostativo all’applicazione di misure alternative di detenzione, non potendosi consentire che venga rimessa alla volontà del reo, la scelta delle misure di sicurezza a cui deve sottostare.
Ingrassare e fumare, per quanto problematiche legate a disturbi comportamentali, sembrerebbero scelte del tutto soggettive e non paragonabili a malattie terminali o incurabili!