La Corte di Cassazione con sentenza 5476/2021 pubblicata il 26 febbraio, accogliendo il ricorso di una donna che ha lavorato con vari contratti a tempo determinato presso l’istituto di ricerca pubblica, ha sancito che compie disparità di trattamento il datore che non rinnova il contratto a termine alla lavoratrice incinta, mentre gli altri colleghi versanti nella stessa situazione risultano confermati. Non giova al datore invocare l’esercizio di un potere discrezionale circa l’opportunità o meno di disporre il rinnovo di un contratto in scadenza deducendo che potrebbe sussistere sul punto una mera aspettativa non giuridicamente tutelata. Infatti, lo stato di gravidanza e maternità costituisce una discriminazione di genere e il mancato rinnovo o proroga del contratto può significare che alla donna incinta spetta un trattamento meno favorevole. Pertanto, nel caso di specie, si applica l’art. 40 del d.lgs. 198/06 e l’art. 19 della direttiva 2006/54/CE, secondo cui a favore della lavoratrice incinta vige un onere probatorio agevolato, ovvero dimostrare solo il fattore di rischio, intesa come situazione di svantaggio rispetto ai soggetti nelle medesime condizioni, mentre al datore spetta dimostrare di non aver violato il principio di non discriminazione.