Sentenza 46502/2023 Corte Cassazione
Il legale in questione si è sentito piccato dal fatto che, un provvedimento del Tribunale, aveva disposto il suo accompagnamento coattivo, per farlo comparire come teste ritualmente citato in un giudizio.
Confondendo la “toga” con la “veste talare”, riteneva di avere un diritto superiore che gli consentisse di non presentarsi all’udienza, solo con l’invio di una missiva con la quale opponeva il suo “segreto del confessionale”.
Il ricorso per cassazione faceva riferimento ad ipotetiche violazioni degli artt.13 e 111 della Costituzione, nonché degli artt. 13-28-51 del Codice di Deontologia Professionale e dell’art.200 Codice Penale.
In via preliminare la Corte ha eccepito la non ammissibilità dell’impugnazione, poiché il testimone non è facultato a detta attività (cfr. Cass.27786/2004). Inoltre, seguendo i dettami degli artt.132 e 133 c.p.p.,ha sancito che egli ha l’obbligo di presentarsi (salvo un legittimo impedimento), e solo in quella sede opporre il segreto professionale, consentendo al giudice di prendere i provvedimenti ritenuti più validi: ovvero concedere o meno l’astensione, esonerandolo dal rendere la deposizione.
In nessun modo il teste può sottrarsi, “sua sponte”, dal presentarsi alla comparizione: comportamento che giustifica il provvedimento preso dalla corte territoriale, che ha agito rispettando pienamente le norme giudiziarie.