Sentenza 224/2024 Consiglio Nazionale Forense
Il C.N.F., con la sentenza citata, ha confermato la sanzione della censura nei confronti di un avvocato ed ha stabilito che sono disciplinarmente rilevanti, le affermazioni razziste e omofobe, che in quanto tali non possono ritenersi scriminate dal diritto di critica, poiché eccedenti i limiti della continenza.
La vicenda trae origine dal comportamento di un avvocato che, successivamente ad una strage ad opera di terroristi islamici, pubblicava sul proprio profilo Facebook un post, con frasi e contenuti sconvenienti ed offensivi, volti a denigrare e ad incitare all’odio e alla discriminazione contro gruppi religiosi, etnici e minoranze.
“Mentre i cani islamici ci uccidono e ci sterminano, noi pensiamo a fare leggi per ché i froci si possano sposare e ci scandalizziamo se un negro viene accoppato dopo aver aggredito un’italiana”
Benché i discorsi, gli scritti e in generale gli atti politici siano sottratti al sindacato disciplinare (art. 39 RDL n. 1578/1933), “il professionista incontra sempre, oltre alle norme civili e penali che qualificano la condotta come illecita, anche il limite delle norme di correttezza professionale, sicché frasi razziste ed omofobe non possono mai considerarsi manifestazione di attività politica o pubblicistica, ma espressioni profondamente lesive della dignità e del decoro professionale e, perciò, illecite sotto il profilo disciplinare“.
Diversamente, si verificherebbe un grave danno a tutta la categoria forense, da sempre impegnata nella difesa dei diritti degli ultimi e dei perseguitati.